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MARTEDÌ 16 NOVEMBRE 2021 - STAMPA

TRATTÒ IL PASSAGGIO DI MARADONA AL NAPOLI, LA TRAGICA STORIA DI JORGE CYTERSZPILER: AMICO, FRATELLO E MANAGER DI DIEGO


Lo storico manager aveva condiviso tutto con Maradona  nei primi tempi della sua carriera


 
     
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A cura di: Maria Villani
Fonte: La Nacion

Il 7 maggio 2017, alle ore 13.12, Jorge Cyterszpiler è volato in cielo, lanciandosi nel vuoto da casa sua, il settimo piano della 707 del Faena Hotel a Buenos Aires. Senza accompagnatore terapeutico, intrappolato in una insopportabile depressione, separato, isolato dagli amici d’infanzia, lontano da Diego Maradona. Aveva 58 anni.

Il piccolo Diego, il Pelusa, di solito dormiva il venerdì abbracciato al pallone nella casa del ‘Rengo’, nel quartiere della Paternal, a poca distanza dal campo dell’Argentinos. Erano inseparabili. Jorge era più grande di poco più di due anni rispetto a Diego, una vita nel confort a Fiorito, però nessuno poteva esaudire il suo desiderio di essere calciatore perché una brutta poliomielite gli colpì le gambe ad appena due anni. Con il passar del tempo, la sinistra riprese la sua forza naturale, la destra invece si portò le conseguenze per sempre.

Juan Eduardo, suo fratello, poteva raggiungere il livello di calciatore professionistico ma un improvviso tumore gli diede il primo gran dolore della vita. Gli altri erano venuti molti anni addietro, con i traumi di una famiglia di origine ebraico-polacca, ai tempi della Seconda Guerra Mondiale.

Diego aveva 9 anni, Jorge ne aveva compiuti 12, quando si incontrarono,. “Se hai quell’età io sono Gardel”, gli disse Francis Cornejo, allenatore delle Cebollitas, il suo scopritore. Non  erano amici: erano fratelli. Dividevano tutto, a tavola, al cinema. Siccome Fiorito era  piuttosto lontana, casa sua era il miglior rifugio. Le cotolette della mamma di Jorge erano un menu stellare. Quando prendeva coltello e forchetta, a Diego brillavano gli occhi,  con la stessa magia che spandeva sul campo. D’improvviso la vita aveva cambiato faccia per lui.

Non c’era un gesto di ambizione smisurata. Erano amici con diritti economici, con affari da costruire. Era difficile addormentarsi per loro, correvano, gridavano, cantavano e aprivano la porta del frigo. Uno aveva destino  di grandezza, con un sinistro poetico. L’altro era la sua guardia del corpo, del tesoro, con altri dolori, senza poesia, mentre faceva calcoli ad una scrivania.

Nel 1977 diventò il primo procuratore del calcio argentino, tempo dopo aver collaborato nell’ incipiente settore della stampa e relazioni pubbliche nella casa del Semillero del Mundo. Non c’erano firme, né documenti di mezzo, bastava una stretta di mano dei presenti. Si guardavano e si capivano a memoria. Argentinos, Boca, Barcellona, Napoli. Poi il crollo e l’oblio.

“Io ti dico che il mio miglior amico è stato Jorge Cyterszpiler. Ho detto ‘è stato’ perché in realtà mi ha ingannato. Goyito Carrizo e Montañita, sono stati altri miei grandi amici. Tutti e tre andavamo da Fiorito a vedere l’ Argentinos Juniors. Con i soldi che ci dava Francis, compravamo due porzioni di pizza per tre … e  una gassosa”, ha raccontato il più grande, tempo dopo.

Si intrufolavano nel treno, dividevano la mozzarella, bevevano la cola direttamente dalla bottiglia di vetro. Cyterszpiler era, in quegli anni, il suo scudiero. Incontrò per primo Aragon Cabrera, aveva previsto incontri con i catalani. Parlava di milioni e milioni di dollari, in tempo di denaro dolce e dittatura. Di solito il procuratore pendeva dal lato del cuore: né River, né Barcellona: Diego sarebbe andato al Boca. Una volta e per sempre.

Dalla  Maradona Production alla Coca Cola, a Puma. Da Fiorito a contare banconote  e a disegnare dribbling. Più dollari, più gol. E qualcosa si ruppe, finchè non apparve nella sua vita Guillermo Coppola. “Voi la mia storia la conoscete. Jorge è venuto meno in un momento molto difficile, però non lo volli denunciare. Guarda che non esiste il nome del Gordo in nessuna denuncia di tutte quelle che ho fatto. Oggi dicevo a Domenech che dovevamo essere psicologi e gli ho detto che dormivamo tutti… quello del suicidio… è una spina per me”, diceva Diego, non senza dolore.

“Quando Maradona si allenava con Los Cebollitas ed aveva compiuto 9 anni, Jorge Cyterszpiler – che si era allontanato dall’ Argentinos Juniors dopo la scomparsa del suo fratello calciatore Juan Eduardo – , ritornò al club e tra di loro si intavolò una stretta amicizia”, racconta la storia in una vecchia pagina web, www.cyterszpiler.com.ar. “È così, - continua – che al principio del 1977 Diego le chiese al suo amico d’infanzia che lo rappresentasse, trasformandosi così nel primo procuratore calcistico che avesse avuto un giocatore argentino”.

La storia è antica. Prima di svincolarsi nel 1985 dalla “Maradona Production”, il manager si cimentò nell’organizzazione di eventi extrasportivi, ma presto ritornò al suo mondo, il calcio, gestendo tournée della Nazionale e tornei internazionali amichevoli a Mar del Plata, Misiones e Rosario. quando Miguel Angel Brindisi, a metà anni novanta, assunse la direzione tecnica dell’Independiente, lo ingaggiò. E dunque Cyterszpiler si reinventò la carriera come agente di allenatori e calciatori. A tal punto la sua storia con Maradona era già parte del  passato.

Fernando Signorini, il preparatore fisico che riscattò Diego in più di una occasione, lo ricorda nei suoi primi giorni a Barcellona. “Stavano tutto il giorno insieme. Per lui nutriva un affetto profondo, era un tipo impossibile da non amare. Una mosca bianca nel mondo del calcio, si dedicava con affetto, sapevo che aveva questo tipo di rapporto  coi giocatori. Diego andava a pranzo, a prendere il latte per la sera, è stato un rapporto durato fino alla fine del 1984. Poi la fama, i soldi... non bisogna dimenticare poi che Jorge aveva iniziato molto presto. Diego è stato la sua prima esperienza, forse l’ha superata. È stato un uomo che ha sofferto molto nella vita”  - ha ammesso anni dopo El Rengo lavorava nello studio di compravendita di calciatori con Sergio Mandrini.

Nell’oscurità di Barcellona cominciarono i primi fantasmi. Il dramma che attraversò la vita di Diego, del quale Jorge sapeva, ma che riuscì ad evitare poco. Parlavano di meno, discutevano di più. Era una coppia destinata al divorzio. La stessa che era cresciuta con amore vero.

“Mi ha deluso”. Una frase inequivocanbile, certa, ma non ruppe mai il patto del silenzio. Amato nell’ ambiente, con un carattere amabile e vicino, lontano dai tempi moderni, Cyterszpiler continuò con gli affari: Brindisi, Demichelis, Andujar e tanti altri. Si sposò, ebbe un figlio, si separò.  Con gli anni si incontrò con Don Diego, una sera che lo segnò per tutta la vita: si diedero l’abbraccio più grande di tutta la storia. Qualcuno dice che il padre gli disse: “Nessuno è stato più valido di te nella vita di Diego”.

Tanto vicini, tanto lontani: ha accompagnato Maradona nell’addio con Don Diego e Doña Tota.

Si rincontrarono a Dubai, però non era più come prima.

Parte della storia è stata ricreata nella controversa serie Maradona: Sogno Benedetto. La sua figura è interpretata da Peter Lanzani, con una interpretazione meravigliosa, al di là degli errori storici. “Tu devi giocare e io ti curerò gli interessi, facendo in modo che tutti ti rispettino”, afferma con una rigorosità maiuscola. Nel capitolo numero 6 della serie – una parte realtà, un’altra fiction – si ricorda il passaggio di Jorge per il Messico, un anno prima del mitico stadio Azteca, quando un terremoto di grado 8.1 scosse  Città del Messico causando almeno, 20mila morti. La prima chiamata – mentre faceva affari in nome del crack-, si racconta, fu per Diego. “Avvisa mamma che sto bene”, gli chiese.

Ma c’è qualcosa che rompe in quello stesso istante. Maradona gli suggerisce che quel  tempo condiviso insieme stava per finire, mentre si osservano immagini di Claudia disgustata perché le carte di credito non avevano fondi sufficienti. Tempo dopo, già in  Italia, Diego ammise: “Non ho dubbi che sia il mio miglior amico, però…”.

Amici, fratelli, soci. “Ci sono migliaia di aneddoti con Maradona, come Jorge condusse la trattativa per il passaggio dal Boca al Barcellona. Raccontava sempre come doveva trattare, come prendeva le magliette e le vendeva fuori allo stadio, o il giorno in cui erano in aereo e in un episodio Diego fece atterrare il volo per comprare una pizza”- raccontò tempo dopo il figlio Juan a La Nacion.

“È stato sempre suo fratello. Maradona restava a dormire a casa sua, nell’appartamento di Juan Eduardo, un mio zio”. Stando alla sua testimonianza, la solitudine ha influito sulla sua malattia. Il calcio di primera, i riflettori stellari, poco a poco lo hanno messo ai margini del calciomercato. Il  tempo delle strette di mano era finito.

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