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DOMENICA 9 MAGGIO 2021 - INTERVISTE

CYTERSPILER, IL FIGLIO JUAN: “CON MARADONA ERANO COME FRATELLI: TRA LORO GRANDE AFFETTO E RISPETTO”


Papà è stato uno dei pochi che si è preoccupato di Maradona, che gli ha voluto veramente bene


 
     
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A cura di: Maria Villani
Fonte: Diario Olè

Nella giornata di venerdì, esattamente 4 anni fa un fatto ha sconvolto e commosso tutta l’Argentina. Jorge Cyterszpiler, primo agente di Maradona si toglieva la vita a soli   58 anni, lasciando tutta una storia alle sue spalle ed un segno su Juan, suo figlio, che di strada ne ha fatta ed oggi ha una vita di successo nel mondo degli sport come CEO degli Isurus Studios, comproprietario di Isurus Gaming e membro della Corte dell’ Arbitraggio dello Sport. Questo giovane avvocato di 30 anni ha ricordato in una intervista a Diario Olé quel momento, il suo rapporto con il papà e con Diego.

Che provi in questi giorni?
Questa settimana è sempre es complicata, rivivono molte cose terribili, però anche molto buone. Quello che ha fatto il mio papà nel mondo del calcio è stato enorme. Con Diego c’è stata una storia forte, che occorre sempre ricordare perché sembra che il mio papà sia stato uno dei pochi che si è preoccupato di Maradona, che gli ha voluto veramente bene. Lo dicevano tutto quelli che gli stavano, inclusi la mamma e il papà di Diego nei festeggiamenti per i  25 anni come manager del mio papà.ando

Com’era il rapporto tra loro?
Di un rispetto enorme. Io ero un bambino e ho vissuto solo in parte questo rapporto. All’epoca del Mondiale del 2010 non si parlavano molto, eravamo in   Sudafrica perché il mio papà era l’agente di Demichelis. Io scrissi una lettera a Diego e riuscii ad andare a portargliela; mi ringraziò, mi diede un abbraccio e se ne andò. E l’anno seguente papà era al campo del Lanus e lo chiamarono al telefono: era Diego. “Figliolo, mi ha chiamato El Diez”, mi avvisò. E si accordarono per incontrarsi a Dubai. E  lì, Diego gli diede una maglietta per me, gli disse della lettera, che ero diventato grande... Perché a me, Diego mi aveva tenuto fra le braccia. Poi tornarono a vedersi quando mancarono entrambi i genitori di Diego. Più di quando si parlavano molto, si era creato un rapporto d’affetto.

Come ti ha colpito la morte di Diego?
In modo molto forte. Sebbene non abbia vissuto tanti momenti con lui, la storia tra loro era molto forte; anche perché poi papà mi ha sempre parlato molto bene di tutta la famiglia Maradona. Tutto era Maradona. Papà mi mostrava dei video, mi raccontava che aveva iniziato una professione che non esisteva. Se lo era inventato in quel momento con mille follie che faceva. Mi trasmetteva molta intensità in quella storia. Quando morì Diego, io ero a Madrid con la squadra dei Counter Strike di Isurus, mi sentii spezzato. Erano  come fratelli, oltre le distanze. Papà aveva supportato economicamente molte situazioni; Diego lo aveva aiutato quando papà aveva avuto un problema importante...

Com’era il rapporto tra te e il tuo papà?
Papà ed io
eravamo dei sopravvissuti. E c’è tutta una storia dietro: i miei nonni erano scappati in Argentina dalla Seconda Guerra Mondiale. E gli stava andando anche bene ma poi morì mio zio Juan Eduardo, e poi mio nonno, papà ebbe la polio... arrivò a pesare 140 chili, fumva tre pacchetti di sigarette al giorno, eravamo nella merda, senza un soldo.

Che ricordi del giorno della sua morte?
Papò era in un momento emotivo molto difficile. Molte volte parlo di depressione quando i giocatori sono circondati dai social, si denigra... bisogna stare attenti perché non si sa mai come è colpita l’altra persona, oltre a difendersi da quello che capita. È successo anche a me da ragazzo, ho vissuto momenti duri e ne sono uscito da solo, non so come ho fatto. Mi hanno aiutato varie persone, come Miguel Brindisi. Fondamentalmente, la mia fidanzata, Antonella; i genitori di lei, Daniela e Gustavo, suo zio Diego. Quello che è successo con papà è che era un tipo tanto forte che non pensavo mai che potesse fare una cosa del genere. Papà si trovava all’ Hotel Faena con accompagnamento terapeutico, era una domenica e dovevamo ricoverarlo il lunedì, lui lo sapeva. Io lo avevo accompagnato in momenti in cui lo avevano preso crisi pesanti. Mi chiedevo perché era arrivato a questa situazione. Poi mi chiamarono dalla casa della mia fidanzata e mi dissero: “Tuo padre si lanciato”.

Tremendo...
La mia reazione fu quella di chiedere “Si è lanciato? E dove? In piscina?”. Si era lanciato dal settimo piano e io non riuscivo a capirlo, stavo andando a Faena  e non sapevo se papà fosse morto o no. Ero totalmente sotto shock. Sentivo che era stata bomba atomica. Papà aveva creato un mondo, una fantasia, però poi un giorno era esploso tutto. E io sapevo che dovevo prepararmi per la guerra che sarebbe arrivata.

Molti affari a cui badare?
Papà era una persona molto complicata, con rapporti molto complicati, un modo d’essere molto complicato. Io ho dovuto dar volto a queste situazioni, sono il maggiore, mio fratello Santiago è il minore. Vengo da una famiglia ebraica e ho sempre avuto questo del fratello maggiore, del primogenito. Sentivo che avevo un dovere ed anche di dover capire perché papà aveva preso tante decisioni negli anni precedenti che avevano generato tante complicazioni. E ho dovuto far ciò quando avevo 26 anni e dovevo terminare la  mia tesi in Diritto alla facoltà di San Andrés.

Sono passati quattro anni e... ?
Ho imparato che quando uno sopravvive e si crede solo, questo ha un pregio ed un difetto. Il pregio è che sai come andare avanti, il difetto è che non sempre è un bene restar solo. Ho imparato a capire  di più perché papà aveva agito in un certo modo e a non giudicare, perché i genitori si giudicano sempre.

Che immagine ti resta di lui?
Mi resta la mentalità da guerriero e sopravvissuto. Non era stato molto presente e io non ero arrabbiato in quel momento. Mi ci è voluto molto tempo per perdonare, alla fine però ho capito. Oggi sento che non è morto mai, che nel calcio papà è stato un grande. Quello che sto facendo è trasferire quello che mi ha trasmesso lui, di fare cose diverse. Il cognome rimarrà, però con l’ idea di fare il mio cammino, portando sempre i buoni insegnamenti che papà mi ha lasciato. Ovviamente non bisogna  giudicare, bisogna capire, e questo è quello che ho imparato in questi quattro anni. Sono tranquillo con tutte le cose che sono accadute anche se so che tutto si paga...

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