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VENERDÌ 29 NOVEMBRE 2019 - CONFERENZA STAMPA

VIDEO – BOLOGNA, MIHAJLOVIC RACCONTA LA MALATTIA: ''NON HO PIÙ LACRIME, MI SONO ROTTO DI PIANGERE''


"Non sono un eroe ma un uomo con le sue fragilità"


 
     
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A cura di: Redazione
Fonte: Repubblica.it

L'impresa eccezionale è, davvero, essere normale. "Non sono un eroe, ora parliamo di calcio, mi sono rotto di piangere. Ho passato mesi duri, di sacrifici, ora voglio vederli anche dai miei giocatori in campo, perché sono incazzato nero per questa classifica e le ultime prestazioni". È sempre il solito Mihajlovic, nonostante questi quattro mesi dall'ultima volta che aveva parlato pubblicamente, allora per annunciare di avere la leucemia. Oggi per raccontare di un inizio di graduale ritorno alla normalità, partito dagli allenamenti condotti questa settimana, dopo il trapianto di midollo osseoavvenuto un mese fa. Con successo, senza complicanze, "ma serve cautela - avverte Francesca Bonifazi, l'ematologo del Sant'Orsola che ha eseguito il trapianto -. Siamo ad appena un mese e i primi cento giorni sono delicati, si crea un nuovo sistema immunitario che a lungo sarà molto fragile, il ritorno alla vita normale avverrà gradualmente, valuteremo di volta in volta la possibilità che Sinisa possa essere presente". Mihajlovic potrà allenare con buona continuità a Casteldebole, meteo permettendo, ma non ci sarà domenica col Napoli (al momento non può stare in treno o aereo o fare lunghi viaggi in auto), poi per le due in casa con Milan e Atalanta si valuterà.

Prove di normalità

"Ho passato 4 mesi in una stanza, solo, sognando di respirare l'aria fresca, incazzandomi alla tv per le partite. Dopo l'ultimo ciclo non ho sentito la squadra per tre settimane, ero troppo debole, ora ci sarò sempre quando posso, perché mi fa sentire vivo. So che non è la fine del percorso ma un po' per me sì, perché sono uscito da quell'ospedale, spero da uomo migliore". Mihajlovic, che cita Vasco Rossi ("io sono ancora qua"), era entrato la prima volta al reparto di oncologia del Sant'Orsola di Bologna a metà luglio, un primo ciclo di chemioterapia di un mese, un secondo più breve, poi il terzo, il più duro, per prepararlo al trapianto avvenuto il 29 ottobre. Nel mezzo, la solidarietà di tutto il mondo del calcio e non. "Ma non mi sono mai sentito un eroe, aver coraggio non vince queste malattie, e voglio dire a tutti quelli che stanno passando la stessa esperienza che non si devono sentire meno forti se affrontano la malattia in modo diverso, non c'è da vergognarsi ad avere paura, essere disperati, piangere, l'unica cosa che non devono perdere mai è la voglia di vivere". Un personaggio pubblico che si fa ambasciatore per tutti i pazienti, "è importante che Sinisa faccia vedere tutto ciò e accenda i riflettori su una malattia che richiede conoscenza e dia speranza a tutti quelli che allo stesso modo curiamo ogni giorno", precisa il primario del Sant'Orsola Michele Cavo.

La commozione

Non vuole più piangere, ma è inevitabile commuoversi in certi passaggi, quando ringrazia la famiglia, "mia moglie che è stata lì tutti i giorni dimostrandomi di essere molto fortunato ad avere l'unica persona che conosco che ha più palle di me; i miei figli, mio fratello, mia madre in Serbia". E poi "grazie alle lettere, i cori, gli striscioni, il pellegrinaggio a San Luca, mi sono sentito parte di una famiglia, i tifosi del Bologna che mi hanno fatto sentire un figlio, tutta la società e i giocatori". Tanti da ringraziare, "vecchi amici come Mancini con cui non ci parlavamo da quattro anni e che sono stati i primi a farsi sentire; ma anche tifoserie avversarie che mi hanno applaudito e forse questa storia ha unito la gente, quando io sono sempre stato uno divisivo". Poi ci sono i colleghi che l'hanno proposto per la Panchina d'Oro, "ma la accetterei solo se arriva per quel che ho fatto col Bologna, non perché sono malato, in quel caso non mi serve".

La squadra e Ibra

I giocatori hanno fatto irruzione a sorpresa in sala stampa per salutarlo, "dir che ci sei mancato è poco", dice capitan Dzemaili, mentre Sinisa non perde il gusto della battuta: "Fan di tutto pur di non allenarsi". Fatti i ringraziamenti, però, Mihajlovic vuol tornare a parlare di calcio e con la solita schiettezza. "Non è la mia squadra quella che ho visto negli ultimi tempi, sapevo che alla lunga sarebbe stato così. Io ho lottato ogni giorno, anche con 40 di febbre per esser presente, al telefono, allo stadio, ho fatto sacrifici, speravo di veder gli stessi sacrifici da loro in campo e non sempre è stato così, e ne sono incazzato nero, per risultati, atteggiamento, gioco, ora bisogna dare il 200% e chi non lo fa avrà problemi con me. E sanno che non è una cosa bella". Poi un pensiero sul vice Tanjga, che ha condotto ad interim il Bologna assieme al tattico De Leo: "È come un fratello, capisce di calcio e soprattutto ti dice quel che pensa, che è quel che serve a me, ma gli ho detto che anche da lui mi aspettavo di più, e lo sa". E allora c'è pure il mercato, e Ibrahimovic: "Ci siamo sentiti l'ultima volta 10 giorni fa, è interessato, se viene sarebbe per la nostra amicizia ma capisco che ci sono anche altre soluzioni. Mi chiamerà per dirmi cosa ha deciso, ma non credo sapremo prima del 10 dicembre".

Il quadro medico

Cavo e Bonifazi hanno raccontato nel dettaglio il percorso clinico, dalla prima diagnosi che ha subito tratteggiato un percorso che avrebbe portato fino al trapianto, avvenuto un mese fa da un donatore esterno che resterà anonimo come da legge, vista la non compatibilità dei famigliari. "È giusto che per Sinisa, uscendo dall'ospedale, si chiuda un cerchio, ma dal nostro punto di vista quel cerchio non è chiuso, abbiamo bisogno di tempo per capire la risposta ottenuta, però siamo felici di averlo restituito in questa forma", spiega Cavo. Aggiunge Bonifazi che "dopo 100 giorni si inizia a creare un nuovo sistema immunitario e si fa un passo importante, si abbassano i rischi collegati al trapianto, ma puoi esser definito guarito dopo cinque anni, dopo due c'è la riduzione significativa della possibilità di ricaduta, dopo 6 mesi inizia un percorso di vaccinazione perché tutte le malattie avute possono tornare".