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MARTEDÌ 9 OTTOBRE 2018 - STAMPA

UNO SCHIAFFO A NAPOLI E AL NAPOLI, IL RICORSO DELLA JUVENTUS PER I CORI RAZZISTI


I legali dei bianconeri chiedono a gran voce di applicare la responsabilità personale


 
     
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A cura di: Maria Felicia Rosaria Del Pennino
Fonte: Il Mattino

Dall articolo di fondo del Mattino dell’edizione odierna si legge:

“Tra Allegri che a botta calda aveva garantito di non aver sentito nulla e gli avvocati della Juventus che non potendo negare l’evidenza stanno chiedendo a gran voce di applicare il principio della responsabilità personale - paghi chi ha insultato, non l’intera curva - è difficile stabilire chi meriti maggiormente la palma dell’ipocrisia, ma chiaramente non è questo il problema. 

Che sia per ipocrisia o per convenienza, il fatto è che dalle parti dello Stadium si sta perdendo un’altra occasione, l’ennesima, di affrontare e risolvere una questione dalla portata ormai intollerabile e che purtroppo non troverà soluzione fino a quando i vertici del sistema noncolorato - loro, e non altri - decideranno di impegnarsi com’è necessario. Perché è facile dire, come dice nel suo ricorso l’avvocato del club Luigi Chiappero, che chiudendo la curva da cui si levano canti discriminatori si puniscono «i tanti che facendo parte di quel settore non hanno cantato, i molti che se non fosse per pochi non avrebbero cantato»; è persino nobile sottolineare che la decisione del giudice sportivo mette nell’angolo la società, la quale paga «per tutti coloro che non avrebbero mai voluto sentire certi cori vergognosi». Ma non può non sapere, l’avvocato, che chi insulta, chi deride, chi odia non potrà non trarre nuova forza dal solo fatto di apprendere che la propria squadra del cuore (si fa per dire) si è opposta al verdetto della disciplinare. Nel ricorso contro la chiusura della curva troverà, quel singolo urlatore su cui il club vorrebbe scaricare per intero la responsabilità del coro vergognoso, un implicito segnale di solidarietà, di protezione. Tutto sommato di impunità.

Sarà pure vero, come scrive Chiappero, che le tecnologie oggi consentono di individuare faccia per faccia quali frasi escono dalla bocca di chi. Ma se è così - e certo lo è nell’avvenieristico Stadium, non in tanti altri campi meno ricchi e meno attrezzati anche della stessa serie A, per cui appare per lo meno prematuro suggerire il criterio della responsabilità personale come valido erga omnes - se è così niente e nessuno potrà impedire al club di procedere, sua sponte, a vietare l’ingresso a chi «non è gradito nello stadio», parole di Chiappero. E questo sempre, mica solo nella domenica della punizione decisa dal giudice sportivo. «Chi non è gradito non entrerà perché non è Juventus», sottolinea l’avvocato nel suo commovente ricorso, e questa sì che è musica per le nostre povere orecchie di tifosi innamorati e costantemente oltraggiati. Come ci piacerebbe uno stile Juventus sobrio e corretto. Come ci piacerebbe entrare non solo allo Stadium, e non solo quando gioca il Napoli, senza dover subire quel martellante ritornello secondo cui il Vesuvio dovrebbe lavarci con il fuoco, perché noi napoletani, con un sapone normale, non ci laviamo. Come vorremmo non vedere, ogni volta che mettiamo piede nel loro tempio, quel ridicolo striscione che ci dà il «Benvenuti in Italia», come se l’Italia vera fosse quella lì, quella dove si concepiscono idiozie del genere. Sarebbe un bell’esempio, persino contagioso per il resto dello Stivale, perché le mode lanciate dalle grandi case ci mettono poco ad attecchire. E invece lo stile Juventus, con buona pace dell’avvocato bianconero, è contagioso all’incontrario: le cronache raccontano che i loro tifosi sono talmente ossessionati da noi partenopei da non resistere alla tentazione di invocare il Vesuvio qualsiasi altro sia il loro avversario di turno (persino in Champions, esaltati per la tripletta di Dybala, cantavano “Chi non salta napoletano è”) e in qualsiasi stadio d’Italia vadano in trasferta. A Genova, a Crotone, a Roma, nel mirino ci siamo sempre noi. Un autentico, inquietante mistero.

Oddio, le eccezioni ci sono. Per esempio l’anno scorso i noncolorati si distinsero - e furono sanzionati - per aver inveito contro i tifosi fiorentini: li definirono ebrei, che non è un’offesa ma resta ancora un comportamento discriminatorio. Per fortuna. Come resta razzista, senza se e senza ma, il coro di buuu rivolto a Koulibaly, allo Stadium particolarmente inviso dopo la schiacciata dello scorso anno. Di sicuro il giudice sportivo non se l’è dimenticata, la serie dei precedenti a carico degli ultrà a strisce, quando gli ha appioppato la squalifica della curva ricorrendo all’aggravante della recidiva. E d’altra parte per capire quale sia lo stile Juventus basta chiedere a una classe molto particolare di tifosi: gli juventini napoletani. Sì, esistono anche loro e meglio non domandarci perché. Sta di fatto che sabato 30 settembre questa non sparuta compagnia, raggruppata sotto la sigla «True boys Juventus», ha implorato i capi ultrà degli juventini-juventini di smetterla con quei cori abominevoli. «Una cosa è il tifo, un’altra è Napoli, basta, non toccate Napoli». Ma loro niente. E hanno fatto sapere, tramite apposito comunicato, che continueranno a invocare il Vesuvio, che i True boys non sono nessuno «perché non hanno neanche lo striscione» e che chi non è d’accordo non metterà più piede nella «loro» curva. Capito avvocato? Sono questi qui, a non gradire. A stabilire chi è e chi non è Juventus. Sono loro, la Juventus. Purtoppo per noi, ma anche per voi.”