A cura di: Domenico Fontanella
Fonte: Napolicalcionews.it
La recente scomparsa dell’Avv. Gerardo Marotta ci permette di ricordare che Napoli non è solo il Regno delle due Sicilie, ma è tutti i suoi figli morti per la causa napoletana. Napoli, in questi giorni, piange l’Avv. Gerardo Marotta, la cui dipartita, per un destino beffardo, avviene proprio alla vigilia del match “borbonico” di domenica sera contro il Palermo. Anche alla luce della crescente presenza, allo stadio San Paolo, di bandiere rievocative del periodo borbonico, la recente scomparsa del Presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi filosofici apre inevitabilmente una doverosa riflessione su uno dei periodi più tristi della storia partenopea, quello della Repubblica Napolitana, che vide tra l’altro protagonista proprio Palazzo Serra di Cassano, sede storica dell’Istituto diretto dall’Avv. Marotta. Siamo nel 1799, e, sull’onda della Rivoluzione Francese, anche a Napoli comincia ad affiorare la voglia di Repubblica. Così, Napoleone, approfittando del malcontento diffuso di pezzi della borghesia e della nobiltà napoletana (i quali non riconoscono in Ferdinando IV di Borbone un degno successore del padre, il grande Carlo III), affida al Generale Championnet il compito di marciare con un esercito su Napoli. Assistiti militarmente dai francesi, i rivoluzionari napoletani riescono a proclamare la Repubblica Napolitana, costringendo Ferdinando IV a trasferirsi con la moglie Maria Carolina d’Asburgo-Lorena e l’intera corte a Palermo. La Repubblica, però, ha vita breve. Dopo soli 144 giorni, Ferdinando, potendo contare sull’aiuto degli inglesi (i quali, attraverso Lady Hamilton, intima consigliera di Maria Carolina, riescono a convincere Ferdinando ad attaccare il proprio popolo), nonché sul sostegno dell’esercito Sanfedista del Cardinale Ruffo, riesce, con non poco spargimento di sangue, a riacquistare il trono perduto. Abbandonati vigliaccamente dagli alleati francesi, persero la vita, condannati al patibolo, numerosi giovani e valenti napoletani, rei di aver fatto parte del movimento giacobino. Tra questi, Eleonora Pimentel Fonseca, il giurista Mario Pagano e l’ammiraglio Francesco Caracciolo (il quale, resosi conto dei condizionamenti subiti dal proprio Re ad opera degli inglesi, scelse di rinunciare al suo ruolo di ammiraglio in capo della flotta borbonica per servire il popolo napoletano, e morì per mano del suo acerrimo nemico Nelson). Anche Gennaro Serra di Cassano, figlio del duca Luigi Serra di Cassano, non riuscì a sfuggire al patibolo, nonostante i tentativi perpetrati dal padre di sfruttare il rapporto di amicizia con i reali borbonici. Così, il vecchio duca, in segno di protesta per l’uccisione del figlio, ordinò che il portone principale di Palazzo Serra di Cassano, rivolto verso la facciata di Palazzo Reale, venisse chiuso in faccia al re, per mai più essere riaperto. Ancora oggi, infatti, l’ingresso del Palazzo è quello secondario, su via Monte di Dio.
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