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GIOVEDÌ 13 APRILE 2017 - EDITORIALE

L'IRONIA SOCRATICA DIETRO LA MASCHERA DI TOTÓ


L'omaggio di NCN al grande artista napoletano in occasione del cinquantenario della sua morte


 
     
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A cura di: Domenico Fontanella
Fonte: Napolicalcionews.it

La grandezza di Totó sta nell'aver conciliato le diverse anime di Napoli, le quali, mai prima di lui, erano riuscite ad andare d'accordo. La rivoluzione di Masaniello, la Repubblica partenopea del 1799, la fine del Regno delle due Sicilie nel 1861, sono tutte occasioni sprecate per realizzare quella sintesi tra popolo, borghesia, nobiltà ed intellettuali capace di affermare la supremazia napoletana sugli interessi beceri dei gruppi di potere stranieri.

È noto che Totò abbia dovuto intentare decine e decine di cause giudiziarie per vedersi riconosciuti i suoi numerosi titoli nobiliari. È altrettanto noto che egli non abbia mai fatto uso di tali titoli, preferendo, piuttosto, ostentare la sua appartenenza al popolarissimo rione Sanità.

È evidente che il suo vero intento consistesse nel diventare il principe del popolo; il vero nobile, per lui, doveva necessariamente vestire i panni dell'umiltà. Così, riuscì laddove tanti altri, prima di lui, fallirono, costretti a vedere i sogni di libertà e di giustizia sociale infrangersi contro i muri dell'incomunicabilità tra i diversi ceti della società partenopea.

Il suo approccio era tipicamente socratico, al punto da poter essere definito la manifestazione più alta dell'ironia socratica. 

Il filosofo ateniese era solito ribadire al suo interlocutore: "so di non sapere"; in realtà, conscio della sua superiorità intellettuale, fingeva di ignorare, costringendo l'interlocutore a cadere in contraddizione fino al punto di fargli prendere coscienza della fallacia del suo ragionamento. Attraverso la dissimulazione del suo pensiero, egli raggiungeva l'obiettivo finale del "conosci te stesso".

Come Socrate, anche Totò metteva da parte i suoi titoli nobiliari e si rendeva umile, spesso recitando ruoli da ingenuo; così, riusciva con la sua formidabile maschera a comunicare il pensiero di un intero popolo, quello napoletano, che in lui, ancora oggi, si riconosce e si sente rappresentato: un popolo nobile, ma al tempo stesso umile e dalla parte degli ultimi. 

Totó è il vero thesaurus della cultura greco-napoletana. Non è un caso che un intellettuale attento come Umberto Eco, in un suo articolo pubblicato su "L'Espresso" dal titolo "Ma che capirà il cinese?", ebbe modo di scrivere: "Il che m'indurrebbe a riflettere su come, in questo universo globalizzato in cui pare che ormai tutti vedano gli stessi film e mangino lo stesso cibo, esistano ancora fratture abissali e incolmabili tra cultura e cultura. Come faranno mai a intendersi due popoli (quello italiano e quello cinese) di cui uno ignora Totò?". 

In un'era in cui la cultura classica scompare sempre più dai programmi scolastici nazionali, è giunta l'ora di tornare alla radice della civiltà mediterranea e di trovare il coraggio di inserire nei programmi didattici delle scuole napoletane i capolavori di Totó e di altri grandi esponenti della cultura partenopea, come G.B. Basile.