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DOMENICA 14 OTTOBRE 2018 - INTERVISTE

FESTIVAL DELLO SPORT, ANCELOTTI, SACCHI E GUARDIOLA: UN’ORA CON I GRANDI MAESTRI DEL CALCIO


“La bellezza del calcio raccontata dai grandi maestri”


 
     
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A cura di: Maria Villani
Fonte: Napolicalcionews.it

Un’ora all’insegna del calcio con tre mostri sacri del pallone: Arrigo Sacchi, Pep Guardiola e Calcio Ancelotti. L’occasione è stata un convegno organizzato al Teatro Santa Chiara a Trento nell'ambito del Festival dello sport, “La bellezza del calcio raccontata dai grandi maestri”, trasmesso da Gazzetta TV e riproposto da TV Luna.

 

Pep Guardiola:
Per me Cruyff è stato la persona più importante che ho avuto, ci ha aperto gli occhi al Barcellona, Cruyff ci ha aperto gli occhi, con lui era come andare a scuola ogni giorno, ci spiegava il perché vincevamo, ogni giorno era un gioco per noi. Non si tratta solo di vincere, ci ha aiutato a capire il calcio e lo ha fatto in maniera diversa. Non a caso che tutti i giocatori che sono stati con Cruyff sono diventati allenatori, ci ha portato amore ed emozione per questo gioco.

Carlo Ancelotti:
In questo mestiere devi avere tante conoscenze: il pensiero degli allenatori nell’allenare. Da questo punto di vista ho avuto maestri importanti: Liedholm per la gestione delle risorse umane, per un giovane era una figura fondamentale, non ti metteva troppa pressione, troppa importanza al ruolo. La figura di Arrigo è stata determinante, mi sono allenato con lui 5 anni e sono stato assistente per 3 anni e per lui era importante il metodo degli allenamenti per trasmettere le sue idee ai giocatori. Quegli otto anni sono stati per me molto, molto formativi. Inizi stressanti? All’inizio con le novità sei un po’ spaesato, con l’allenamento di 90 minuti hai 20 di allenamento, 10 minuti di partitella e poi si faceva tattica tipo 11 contro zero… quando porti cose nuove c’è maggior coinvolgimento, poi c’è apprendimento e le cose diventano naturali. All’inizio c’è attenzione, poi arrivano i risultati. La fase difensiva era in passato solo passiva poi ti mettevi se non in marcatura a fare anche una fase attiva e la puoi determinare.

Arrigo Sacchi:
Mi piaceva chi attaccava, chi ha il dominio del gioco, chi è protagonista non comprimario, mi piacevano le emozioni e lo spettacolo. Per me una vittoria senza emozioni non è vittoria. Ho cambiato molte squadre e dappertutto dicevano che ero un genio o un matto. In questo mi ha aiutato molto la TV grazie alla quale mi innamoravo del Brasile o dell’Olanda. Poi c’è una evoluzione continua, gli ultimi 50 anni sono stati determinanti: Olanda, Milan e Barcellona di Pep si sono passati il testimone. Sono importanti le idee e il rischio è alla base di ogni avventura. Viviamo in un mondo veloce dove dopo un anno sei già vecchio.

Il tiki taka come nasce?

Guardiola:
Non voglio essere falso umile, non ho inventato niente, abbiamo vinto con molti giocatori venuti dal settore giovanile. Sono poi arrivati in prima squadra e c‘è stata una combinazione di stelle, il che succede poche volte nella vita. Poi ci siamo trovati bene interpretando il gioco alla stessa maniera, con i soldi per curare i giocatori più forti di tutti i tempi. Volevamo mangiarci il mondo e ce lo siamo mangiato. La forza di quella squadra è stata la costanza in 4 anni, ci piaceva molto giocare a calcio. Il tiki taka non mi piace molto, fa parte di una cosa ludica, noi attaccavamo con la consapevolezza di cosa volevamo fare, facevamo girare la palla per portarla dove volevamo noi. Solo una volta nella vita succede questa fortuna. In tanti hanno contribuito, se in 20 anni se ne parla ancora vuol dire che qualcosa di buono è stato fatto, è come un buon libro o un buon film.

Pep, che rapporto hai avuto con Messi tu che lo hai allenato?
E’ un ragazzo perbene, un animale competitivo, feroce che aiuta quelli che sono intorno a essere più competitivi, odia perdere, gioca come quando era piccolo e che nei grandi eventi se la squadra lo accompagna ti fa la differenza, ne parlavo ocn Carlo, insieme a CR7 è il fenomeno degli ultimi 15 anni.

Carlo, come fai l’allenatore, come ti rapporti con ambiente, società, presidenti e come stai vivendo Napoli?
Ancelotti:
Fare l’allenatore è un ruolo complesso anche se piacevole. Hai rapporti con i giocatori e con tutto ambiente che lavora con te: 25 giocatori ma altrettanti 25 che sono tutti importanti allo stesso modo e lo sono se tu li rendi importanti, anche un magazziniere. La mia idea è di gestire il gruppo, rendere le persone più comode possibile, dare responsabilità e delegare penso sia importante per un tecnico come responsabilizzare quelli per cui lavoro. Deleghi un calciatore, un medico, il tuo staff tecnico e tu devi tenere tutto sotto controllo e ognuno lo fa a modo suo. Nei momenti di difficoltà tutte le volte mi hanno detto ‘hai una gestione troppo morbida, sei troppo buono, usa la frusta!’ Ho risposto che non è il mio carattere, chiamate un altro. Usare la frusta dipende da chi hai avuto, con chi cresci, se hai un maestro che ti bacchettava allora hai una esperienza io no, dammi la possibilità di esprimere il mio carattere. esprimersi davanti agli altri vuol dire essere credibile. Se sono rude non sono credibile.

E a Napoli?
Succede di arrabbiarsi ma non è l’errore tecnico a farti arrabbiare ma il comportamento: un giocatore svogliato o demotivato che ti fa arrabbiare. A Napoli è una bella famiglia, un bell’ambiente con giocatori giovani con esperienze importanti, molto umili. Napoli è una città bellissima e il club ha voglia di crescere e si può crescere in Europa sempre se il City o il Liverpool lo permettono. Klopp era ben disposto almeno all’andata adesso vediamo il ritorno…

Arrigo, la Nazionale?
Sacchi:
Dico la mia sul gioco. Dipende dalle idee oltre che dai giocatori. Ho visto squadre normali giocare molto bene, altri quando ero direttore tecnico del Real Madrid e mi rifiutavo di allenarlo, l’attacco era formato da Beckam, Raoul, Ronaldo brasiliano e ce ne erano altri. In tribuna il presidente onorario, uno dei più grandi, Alfredo Di Stefano non ha mai visto una partita fino alla fine, si annoiava. Nel cinema ai colossal mancava la trama anche se c’erano grandi attori. Il copione, il gioco è al servizio del giocatore non viceversa, questo dà il là alla didattica. Altrimenti si allena individualmente e il calcio è sport di squadra.

Il momento del calcio italiano?
Sacchi: Il calcio è uno sport di squadra e offensivo, non difensivo. Oggi ci sono alcuni tecnici in Serie A che hanno messo il lavoro e le idee (e le idee fanno risparmiare soldi) davanti a tutto per migliorare i giocatori e ci lavorano. In Europa e nel mondo si pensa il calcio come i padri fondatori. Le uniche due parole in italiano erano ‘libero e catenaccio’, oggi noi ci stiamo evolvendo e sarebbe bello le società leader fossero da traino. Marocchi, juventino, disse vedendo il Milan ‘abbiamo preso coraggio’, il coraggio è altro valore importante.

Pep, il tuo City è favorito per la Champions, da chi ti devi guardare? Chi ambisce a questa Champions, in più il ruolo della Juve?
Guardiola:
Se siamo favoriti allora siamo bravi. Il nostro unico successo è stata una semifinale di Champions, non so se siamo pronti, non so, non abbiamo storia o consapevolezza, club, tifosi. Quando uno lo crede allora vince. Il Milan ha vinto 7 volte… i favoriti sono quelli che hanno storia di Real Madrid, Barça, noi lavoriamo,l’ Atletico gioca in casa, altri si metteranno dentro.

Carlo, c’è spazio per un Napoli o Inter come outsider di Champions?
Ancelotti: Finora le italiane hanno fatto bene nel primo periodo, non sono interessatissimo alle altre, penso al Napoli che ha un girone duro, ma bene l’inizio con il Liverpool, ora ci aspetta il PSG che è un ostacolo durissimo. Il calcio italiano è competitivissimo e resta competitiva la Juve. Le valutazioni oggi saranno molto differenti da quelle in aprile. Il Real Madrid un anno fa era in grande difficoltà ma poi ha vinto. Ad aprile la condizione sarà diversa. Mi sembra una Champions più equilibrata.

Mbappe?
Bel giocatore, molto veloce, di veloci ce ne sono tanti, solo che lui unisce velocità ed efficacia e non si perde in fronzoli, è molto diretto quindi pericoloso, è giovane e sarà una star.

Insigne che margini di miglioramento ha?
Ha grande talento, ha espresso tutte qualità, ora è nella fase di maggior responsabilità di sentirsi ancora più importante e che deve mettere tutte le sue qualità al servizio della squadra. Questo è il passo che deve fare e sono sicuro che farà.

Arrigo, come descriveresti Carlo e Pep in poche parole?
Sacchi: Carlo è una persona che ti ispira fiducia, intelligente. A volte non ha l’ ossessione che avevo io o altri che cercano di andare oltre se stessi. Pep ha questa ossessione: ricerca il perfezionismo. Sono due bravissime persone, intelligenti, di alto livello che fanno bene al calcio: mi auguro tante altre persone abbiano questi valori.

Pep coppe a parte se dovessi rubare qualcosa a Carletto?
Guardiola: Il capello…. Arrigo pure… scherzi a parte, condivido quanto detto da Carletto, lui si esprime così perché è così. Nel calcio si vince e si perde e la verità assoluta di Carlo è ‘si fa così perché è così’. Parla con i suoi giocatori e te ne diranno un gran bene.

Carlo, cosa ruberesti a Pep?
Ancelotti: Non i capelli… se guardo il suo percorso: Barcellona. Bayern, City… prenderei la rapidità con la quale trasmette le sue idee alla squadra. È un fenomeno in questo, come Arrigo e credo sia l’aspetto più complicato. La realtà di oggi è che l’allenatore ha la sua idea in testa e la bravura è trasmettere le proprie idee a un’altra persona che la deve portare in campo. Il passaggio molto importante è come tu sei credibile e la convinzione che riesci a trasmettere e guardando Pep è stato molto bravo.

Pep, cosa ci manca come calcio italiano per fare lo scatto in avanti, CR7 a parte?
Guardiola: Non mi sembra vi manchi niente. La storia non si scrive per un anno, non fa nulla ma l’Italia rimane quello che è. Importante è riflettere, non sono adeguato per dire cosa vi manca, voi che avete tanto vinto e non per poco. Forse dobbiamo imparare noi qualcosa da voi. Difendere bene è un grandissimo talento, tutti siamo ossessionati dal non prendere gol e voi italiani siete molto talentuosi. Anche Federica Pellegrini ha vinto tanto ma ha anche perso tanto. E’ normale nel calcio come nella vita. Non credo affatto in Italia non ci sia talento, il contrario, a volte succede. È necessario pensare il perché, questo costringe a fare un passo in avanti e come allenatore penso voi avete qualcosa in più e come spagnolo credo di dover imparare io qualcosa da voi.

Pep ti vedremo allenare in Italia?
Perché no! Se avessi pensato di allenare il Barcellona e poi il Bayern…. Adesso sono in Inghilterra, in Italia, chissà, si mangia bene…

Carlo, un tuo pensiero sul calcio italiano.
Ancelotti: Rimaniamo competitivi rispetto all’estero anche se c’è poca qualità di talenti anche se stanno venendo fuori molti giovani interessanti. Ho notato la differenza a livello ambientale. All’estero ho avuto esperienze bellissime: stadi nuovi, infrastrutture bellissime, stadi pieni e rivalità sportiva, in questo siamo rimasti indietro. Sentire ancora insulti dentro lo stadio non è rivalità è maleducazione e ignoranza.

È carenza culturale?
Sì.

 

Sacchi: Quando non si riconosce il merito tutto sarà negativo. Riconoscere il merito in quel momento anche se perdi… ci rimasi male dopo il mondiale e sono esigente, so giudicare però. Sapevo che eravamo andati oltre le nostre possibilità. Innalzare la cultura significa poter giudicare meglio. Noi allenatori e una parte di stampa non abbiamo aiutato la gente a giudicare un avvenimento.

Gli insulti non ci devono essere comunque, nella vita e in uno stadio in modo speciale.
Sacchi
: Purtroppo quando non sei educato più facilmente insulti e quando vuoi vincere per forza. Perché vuoi vincere per forza? Vinci se giochi meglio.

Si può vincere anche senza insultare o denigrare…
Ancelotti:
Pep vive a Manchester dove le due squadre vivono una grande rivalità ma credo nessuno dello United si sia mai permesso di dirgli qualcosa. Per quello mi sembrano fuori di testa questi qua, dipende da come si vive.

Pep, si sta bene in Inghilterra ad allenare?
Guardiola: Anche in Germania alla gente piace il calcio come teatro o cinema, si vive non solo di calcio h/24. In Inghilterra si vive molto bene. È diverso, vinci o perdi con più tranquillità, c’è più educazione anche nei giornalisti. E’ una cosa culturale e lo noti viaggiando.

Pep una tua amarezza, una che ti porti dentro?
No, ho vinto che non meritavo, sono cresciuto accettando che questo era parte del gioco. Mi piace molto il mio mestiere, la gente ha fiducia in me, fa parte del gioco e l’ho imparato da bambino. Lo sport è forza culturale: a volte vinci a volte no, non ho rammarichi.

Carlo, una partita che vorresti rigiocare?
Ancelotti: Una? Ne ho giocate tante di finali, semifinali… una partita che non ho giocato e che avrei voluto giocare è una nel mio Milan al posto di Pirlo avendo a destra Gattuso e a sinistra Ambrosini, così loro correvano. Il mio centrocampista centrale non correva tanto: mi sarebbe piaciuto avere due bei mastini nel mio Milan.

Sacchi:  Cercavamo di tutelarli in tutti modi. Carlo si muoveva con intelligenza ma non era velocissimo, lo si notava quando facevamo dei test sui 50 metri. Carlo era però un grande, sono riconoscente a tutti è un esempio di generosità, impegno, professionalità, modestia e intelligenza. Giocare a calcio vuol dire essere intelligenti in primis.

VAR, lo auspicate in Champions?
Guardiola: Arriverà di sicuro, prima o poi, prima arriva meglio è.

Ancelotti:  Il giorno che la metteranno, spero presto, saranno arrivati in ritardo.

Sacchi:  E’ un grande passo in avanti.