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DOMENICA 15 SETTEMBRE 2019 - INTERVISTE

ASIF KAPADIA: «IL MIO MARADONA SENZA SCONTI, GENIALE E AUTODISTRUTTIVO»


Il documentario in anteprima lunedì al Modernissimo


 
     
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A cura di: Redazione
Fonte: Repubblica.it

"C'era Diego e c'era Maradona. Col primo andrei sino alla fine del mondo. Col secondo non farei neppure un passo". Il campione e il suo doppio nelle parole di chi è un suo fedele amico, il preparatore atletico Fernando Signorini. È uno dei passaggi più significativi del documentario "Diego Maradona. Ribelle. Eroe. Sfrontato. Dio" firmato dal regista premio Oscar Asif Kapadia, in anteprima domani al cinema Modernissimo alle 20,30 e poi nelle sale italiane soltanto per tre giorni dal 23 al 25 settembre. Centotrenta minuti senza una caduta, intensi e vibranti come la vita del fuoriclasse del calcio, dedicati soprattutto ai suoi anni napoletani.

Maradona e Napoli, un binomio inscindibile con tutte le sue contraddizioni, le sue differenti realtà, le vittorie e le sconfitte, le imprevedibili curve di una vita che un romanziere non avrebbe saputo immaginare così sconvolgente e in continuo divenire. I gol e i rapporti in odor di camorra. Gli scudetti e la schiavitù della droga. Kapadia racconta a "Repubblica" il suo Maradona napoletano.

Asif Kapadia: dopo Amy Winehouse e Ayrton Senna, Maradona. Cosa ha ispirato il premio Oscar dei documentari a raccontare la vita di Diego?
"Perché amo il calcio. Guardo le partite in tv e gioco praticamente da sempre. L'opportunità è arrivata nel 2012 con il produttore del film, Paul Martin. Aveva acquisito materiale video inedito su Maradona ai tempi della sua militanza nel Barcellona e nel Napoli. Fu lui a chiedermi se volevo girare un film su Diego, ma in quel momento ero preso da "Amy". Però non ho mai accantonato l'idea. Nelle immagini c'era qualcosa che non si era mai stato visto, qualcosa di inesplorato. Perciò ho pensato che sarebbe stato interessante fare questo film. La storia di Diego ha qualcosa di cinematografico, indaga luci e ombre".

Così è stato spesso a Napoli: ha fatto ricerche, intervistato decine di persone.
"Sono stato a Napoli, sì, spesso. Una città fantastica, di cui mi sono innamorato a prima vista. A parte gli intervistati, diversi napoletani mi hanno parlato di Maradona. Tutti questi racconti mi hanno arricchito".

Quanto tempo le ha richiesto il film?
"È stata una lavorazione lunga. Sono state visionate centinaia di ore di filmati. A parte il lavoro di selezione e quello di montaggio, c'è stato un approfondito lavoro di scavo e di conoscenza. Abbiamo raccolto interviste e pareri sia a Napoli che in Argentina, dai familiari di Diego agli amici, ai giornalisti e ai suoi compagni di squadra e, naturalmente, allo stesso Maradona".

Durante la lavorazione ha parlato spesso con lui?
"Abbiamo trascorso molto tempo a Dubai, dove viveva allora. Diego ha avuto modo di vedere il film, ma il lavoro insieme è stato soprattutto una lunga intervista. Senza telecamera. Dovevo entrare in contatto con lui. E ce n'è voluto! Mi presentavo a casa e qualcuno del suo staff diceva: "No, oggi no. Prova domani". Alla fine ce l'abbiamo fatta, ha parlato molto, mi ha raccontato tante cose. Nei miei film io non prendo mai le parti di qualcuno. Voglio che emerga la verità...".

Quali verità vengono fuori?
"Diego è geniale e autodistruttivo. È interessante osservarlo quando è all'apice del successo e quando le cose iniziano ad andargli male. È stato un ragazzo nato nella miseria, che si è ritrovato nella vita a essere adorato come un dio, a cui veniva concesso tutto, magari in cambio delle vittorie. Penso che i suoi problemi si siano aggravati quando ha rinnegato il figlio, Diego junior. Comunque, non è importante quante volte abbia fallito. Lui si rialza e va sempre avanti, è un lottatore. Sa perché è speciale? Perché è anticonvenzionale: è e sarà sempre un ragazzino scaltro, che ti prende per il verso sbagliato, che fa il contrario di quello che tutti vogliono. Per questo è amato, odiato, interessante e discusso".

Signorini, il suo preparatore atletico, dice: esiste Diego ed esiste Maradona. Un dottor Jekyll e un mister Hyde?
"Dalle parole di Signorini viene fuori che aveva bisogno di entrambi i lati della sua personalità per sopravvivere e avere successo. Un gioco folle. La sua fame di vittorie e di vita lo condizionava, voleva sempre tutto. Lui era l'uomo generoso, allegro, capace di gesti carini, e il campione, l'uomo senza freni, anche triste".

La cosa che più l'ha interessata è il rapporto tra Diego e Napoli...
"Ho raccontato la sua infanzia, l'ascesa al Boca, le difficoltà a Barcellona. Ma Napoli è la parte più importante della sua carriera e della sua storia. C'è stato sette anni, qui - in una squadra a lungo senza pretese e in una delle città più pericolose negli anni '80 - è diventato il miglior giocatore del mondo, ha vinto trofei. È arrivato a Napoli in un modo ed è andato via in un altro. Della sua vita complicata, piena di drammi, Napoli è la parte più importante".

Purtroppo segnata anche dalla droga e dai rapporti con la camorra che, come racconta il suo film, prometteva protezione al campione.
"Droga e camorra sono diventati parte della sua vita".

Perché il film termina, in pratica, quando finisce l'esperienza di Maradona a Napoli?
"La parabola della sua vita è a Napoli. Durante i mondiali in Russia ho visto che a ogni partita dell'Argentina lo inquadravano in continuazione. Questo mi ha fatto decidere come concludere il film, mi ha fatto comprendere che Diego sarà sempre così".

Ha avuto accesso all'intero archivio video di Diego, Kapadia?
"Siamo partiti dal materiale trovato da Paul Martin. Si tratta di riprese fatte da due operatori, l'argentino Juan Carlos Laburu e l'italiano Gino Martucci, su incarico del primo manager di Diego, Jorge Cyterszpiler, che aveva in mente un film sulla vita del suo amico e campione. Sono centinaia di ore di filmati, dall'81 all'87: immagini rare, inedite, sportive, molte riprese a bordo campo. Soprattutto queste fanno ci fanno sentire quasi il rumore dei suo passi, ci fanno comprendere quanto fosse geniale. Si sono poi aggiunti filmati d'archivio e giornalistici, di quand'era ragazzino, le tante videocassette Vhs che conserva la sua prima moglie Claudia Villafane e momenti esclusivi ripresi da Gennaro Montuori, capo degli ultrà del Napoli che andava a cena con Diego o era negli spogliatoi dopo le vittorie".

Molti anni dopo il suo ritiro Maradona continua ad attrarre milioni di persone. Qual è, a suo parere, il fascino di un campione che attraversa ormai diverse generazioni?
"È leggenda. È il più forte calciatore di tutti i tempi. È brillante, controverso. La vita con lui non è mai noiosa".

Pensa che al pubblico napoletano potrebbe non piacere un ritratto del proprio idolo in cui emergono alla fine soprattutto le ombre, quasi prevalenti sulle straordinarie vittorie?
"Penso che dovrebbero vedere il film e poi giudicare. È riduttivo pensarla così. Ci sono molte immagini che faranno riaffiorare in loro ricordi felici, e altre che offrono punti di vista nuovi, anche sulla città e sui napoletani. Molte persone che hanno visto il film in altri paesi del mondo, all'inizio, non erano fan di Diego nè del calcio. Al termine del film lo hanno accettato e amato. Spero che il mio lavoro faccia capire di più Maradona e faccia conoscere qualcosa che non si sapeva, non si era mai visto prima. Ripeto: non prendo le parti di nessuno. Racconto la verità".

Kapadia, dice che ama il calcio. Per quale squadra tifa e qual è il suo giocatore preferito?
"Sono un tifoso del Liverpool e da ragazzo sono stato un fan di Kenny Dalglish".