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SABATO 1 APRILE 2017 - EDITORIALE

ANTOLOGIA DEI SISTEMI CORRUTTIVI


La Juve, i sabaudi e la perfida Albione. Cosa si nasconde dietro le facili vittorie?


 
     
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A cura di: Domenico Fontanella
Fonte: napolicalcionews

L’intera città si mobilita in vista del doppio scontro con i bianconeri.

Il pesante distacco in campionato, così come il risultato penalizzante dell’andata di coppa Italia, non lasciano scelta: conta solo vincere!

Purtroppo, in campionato,  pur vincendo, diventerebbe difficile colmare la distanza con la Vecchia Signora.

Vien da chiedersi come sia possibile arrivare a questo punto della stagione con un distacco così ampio. Se è vero che la Juve dispone di un organico di campioni, è altrettanto vero che spesso è riuscita a vincere imponendo, più che il suo gioco, il suo peso politico.

I più lo chiamano “sistema”. Alcuni arrivano, addirittura, a definirlo sistema mafioso.

Altri ancora, richiamano lo schema classico di matrice anglofila adottato con una certa continuità, in epoca coloniale, dal Regno Unito.

Quest’ultima è, probabilmente, la versione più vicina alla realtà dei fatti, anche perché trova nella storia piemontese il terreno ideale per affondare le sue radici.

Già durante il processo unitario, infatti, i piemontesi si rivelarono abili fruitori delle tecniche del potere anglofilo.

L’impostazione tipicamente inglese consentì, ad esempio, a Cavour di fiutare la convenienza di mettersi a capo del processo unitario, di cui, fino a quel momento, si erano fatti promotori, da sostenitori degli ideali repubblicani, i gruppi carbonari e mazziniani.

Da formidabile possibilità di far trionfare i valori della libertà e della democrazia, l’unità italiana si trasformò, ben presto, in una ghiottissima occasione di affermazione del potere.

Così fu per i sabaudi che bramavano mettere le grinfie sulle ricchezze borboniche; così fu, soprattutto, per gli inglesi, i quali ambivano a conquistare la leadership dei traffici mediterranei, sbarazzandosi di un concorrente scomodo, come Napoli.

Già una decina di anni prima della spedizione dei mille, il fronte anglo-sabaudo intuì la necessità di creare le premesse per giustificare l'intervento militare. Lo strumento ideale per realizzare tali condizioni non poteva che essere la calunnia. E allora, messa in moto la macchina del fango, cominciarono a circolare una serie di menzogne sul Regno di Napoli che avevano l'unico scopo di generare dissenso intorno allo stesso, nell'ambito della comunità internazionale.

Basti pensare che, nel 1850, lo statista inglese Gladstone scrisse addirittura una lettera di protesta per attaccare la politica penitenziaria borbonica. Asserì di essere stato testimone oculare, in occasione di una visita fatta ad un ambasciatore inglese incarcerato nelle prigioni borboniche, dell'incessante violazione dei diritti umani  perpetrata dai carcerieri borbonici.

Lo stesso Gladstone, più tardi, ammetterà di non avere mai visitato le carceri borboniche. 

Dopo la calunnia, la corruzione degli amministrativi e dei notabili. È noto, ad esempio, il rapporto assai stretto tra Cavour e Don Liborio Romano, prefetto di polizia borbonico che riuscì, gattopardianamente, ad ottenere, in cambio dei suoi servigi, un seggio nel futuro parlamento del Regno d'Italia. Così come è noto l'episodio dell'incontro tra lo stesso Don Liborio e il camorrista Salvatore De Crescenzo, conclusosi con un patto in virtù del quale i camorristi, in cambio  dell'impunità per i vecchi reati, si sarebbero impegnati a garantire l'ingresso indisturbato delle truppe garibaldine a Napoli.

Fu così che i sabaudi, col minimo sforzo militare, imbracciando le sole armi della menzogna, della corruzione e delle collusioni mafiose, riuscirono a scacciare i Borbone e ad annettere il Regno delle 2 Sicilie a quello di Sardegna.

A ben vedere, è quanto ancora accade nella serie A italiana, dove una sola squadra riesce, col minimo sforzo e con le medesime armi, a staccare gli avversari e a vincere indisturbatamente per svariati anni.